Quando e come impugnare il licenziamento
La legge italiana permette ai datori di lavoro di notificare il licenziamento, ovvero recedere il rapporto di lavoro subordinato che li lega ai dipendenti. Ovviamente, questo è possibile se si verificano condizioni ben precise. Qualora esse non vengano rispettate, la persona licenziata può impugnare il licenziamento, procedura anch’essa soggetta a vincoli, termini e obblighi descritti dal legislatore. Qualora essi non vengano rispettati, il datore di lavoro automaticamente viene assolto e le violazioni o errori commessi non perseguite.
Come deve avvenire un licenziamento
Come accennato, i datori di lavoro devono seguire determinate norme al momento della notifica di licenziamento.
Secondo l’articolo 2 della legge 15 luglio 1966 n. 604, il datore di lavoro è tenuto a notificare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, anche quando quest’ultimo ricopre la carica di dirigente. La notifica, inoltre, deve obbligatoriamente contenere la specificazione delle ragioni che hanno portato alla recessione del rapporto di lavoro. Se queste due condizioni non sono rispettate, il licenziamento è considerato inefficace. Non solo: in caso di licenziamento per via orale, il lavoratore viene reintegrato col diritto di un risarcimento non inferiore a 5 mensilità dall’ultima retribuzione.
Quando è possibile ricorrere all’impugnazione
L’impugnazione è regolata dall’articolo 6 della già citata legge 604. Tale articolo specifica che “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.” L’impugnazione sarà considerata inefficace se non seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal “deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.”
Il primo termine di impugnazione
Il primo termine di impugnazione è stabilito ai 60 giorni dalla ricezione della notifica di licenziamento. Questi 60 giorni vanno calcolati non dalla data effettiva della fine del rapporto di lavoro, bensì dalla comunicazione del recesso. L’impugnazione deve avvenire tramite raccomandata: farà fede la data del timbro postale. Va ricordato, inoltre, che l’impugnazione può avvenire anche per via di un rappresentante del dipendente; perché avvenga ciò, è necessaria la ratifica o procura dell’operato del rappresentante sia presentata per iscritta entro il termine previsto dalla legge.
Nel caso in cui si desideri impugnare un licenziamento, consigliamo sempre di richiedere una consulenza a un legale specializzato in diritto del lavoro.






